Marie de BrugerolleUbi? Quolibet! Porrò qui la questione dell’indicare a partire da due opere d’artista: Going to the Market di Guy de Cointet e Commissioned Paintings di John Baldessari. Si tratterà di riflettere sul gesto del puntare, che indica e localizza, come innescatore di senso e come atto critico, atto di scelta.
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Guy de CointetGoing to the market Un quadro sagomato con i bordi colorati e un piano bianco coperto da lettere nere disposte a caso. A caso? Forse no. Certamente no... L'attrice in pochi minuti ricava tutta una storia contenuta lì dentro. A shaped paiting with colorful edges, and a plain white background covered at random with black letters. At random? Maybe not. Definitely not... The performer taking only a few minutes will unravel the whole story contained within the piece. |
Paolo ChiaseraSpazi circoscritti /Circumscribed spaces L’abitabilità all’interno delle architetture dell’ ex DDR come possibile relazione con gli assiomi della geometria piana, sferica ed iperbolica. 1parte Sono all’interno di una cucina a Berlino. La circonferenza ritorna negli elementi di arredo della stanza in maniera ossessiva. Attraverso una finestra (sul mondo?) di albertiana memoria vedo un cimitero ebraico che tenterò di ricostruire “in prospettiva” su una sezione circolare - tavolo -. Sono presenti varie dimensioni temporali: la fissità delle tombe, il cuore del bordello che lampeggia, le macchine, le persone che passano, l’ orologio sul tavolo, la pentola che bolle. Passano le ore. Il tentativo di costruire una struttura autonoma pare fallimentare, tanto che devo ricorrere, per realizzare il modello architettonico, a dello scotch arancione. Tenere insieme le varie parti e rendere possibile la costruzione di equilibri altrimenti precari. Nonostante la struttura sia costruita rispetto ad un modello prestabilito (il cimitero ebraico nella schoenhauser allee ex Berlino est) la distanza che mi separa da questa cultura crea una impossibilità di relazione. Il vapore acqueo, attraverso il tempo, annebbierà “la finestra sul mondo”, non permettendo più il confronto col modello di partenza. La mia costruzione presenta tratti che la riportano ad un immaginario legato alle allegorie di città nella tradizione pittorica italiana come il quadro di Guido Reni Pietà dei mendicanti (1616)... conservato nella pinacoteca di Bologna ove andavo da ragazzino. Ormai è notte. Mi alzo dal tavolo e disegno sul vetro appannato una ulteriore circonferenza per indicare con il mio gesto l’ormai scomparso cimitero, la dissoluzione nella mia memoria di quella architettura. Il cerchio indica il simbolo delle Trabant (le macchine del regime sovietico). Attraverso la circonferenza passo ad un’altra stanza... Living within the architecture of the former DDR, in its potential relation to the axioms of plane, sphere and hyperbolic geometry. Part 1 I’m in a kitchen in Berlin. Circumference keeps obsessively cropping up in the furnishings of the room. Through a window (on the world?) like Alberti’s, I see a Jewish cemetery that I will try to reconstruct “in perspective” on a circular section"a table. Different temporal dimensions are present: the fixity of the tombs, the flashing heart of the hustle and bustle, the cars, people passing by, the clock on the table, the boiling pot on the stove. Hours go by. My attempt to build a self-supporting structure seems to be a failure, and to create the architectural model, I’m forced to rely on orange adhesive tape. To hold the parts together and make it possible to construct highly precarious equilibriums. Although the structure is based on a pre-established model (the Jewish cemetery on Schoenhauser Allee, in what used to be East Berlin) the distance that separates me from this culture makes a relationship impossible. Over time, the steam will fog up my “window on the world”, preventing comparison with the original model. My construction has features that link it to the imagery in allegories of cities from the Italian painting tradition, like Guido Reni’s Pietà dei Mendicanti (1616) in the Bologna picture gallery I used to visit as a child. Night has fallen"I get up from the table, and on the fogged glass, draw one more circumference, my gesture indicating the now-invisible cemetery, that architecture’s dissolution in my memory. The circle echoes the symbol of Trabant cars (from the Soviet regime). Passing through the circumference, I move into another room… |
Luca PancrazziVedere / Seeing Questa è una elaborazione in senso pre-evolutivo dell'opera Come Sempre Dove Sai. Ho cercato di risalire la montagna del principio che mi ha portato a realizzare quei disegni e quei paesaggi (di pianura) ai quali in seguito ho dato quel titolo. Il senso di questa opera-zione sta nel cercare la matrice iniziale, la fonte del rapporto tra il vedere e indicare. Vedere o Essere Visti è già un tema-titolo dello stesso periodo che indaga nello stesso terreno le possibilità di una azione dinamica e passiva al tempo stesso. Questi temi nascono dalla necessità di rendere visibile l'azione di concentrazione nell'osservare l'inizio del mondo non visibile ad occhio nudo (per questo si intromette tra l'osservatore e il mondo una lente semplice un contafili) usato come metafora della vera azione di osservarsi e proiettarsi in un punto esterno, magari all'orizzonte, lontano nel paesaggio. Essere vicini e essere lontani al tempo stesso da due punti simmetrici. La messa a fuoco di uno implica la messa a fuoco dell'altro. Il titolo dovrebbe stare alla radice dei due titoli, dovrei evolvere il loro significato concentrandolo nella loro matrice comune: osservare ed essere consapevoli di questa azione. VEDERE O ESSERE VISTI COME SEMPRE DOVE SAI DOVE SEMPRE COME SAI VEDERE E ESSERE VISTI This is an elaboration of the pre-developmental meaning of the work Come Sempre Dove Sai. I tried to scale the mountain of thought which made me want to realize these drawings (of fields) which I later gave that title. The meaning of this opera-tion is found in the initial matrix, the source of the relationship between seeing and pointing. Seeing or Being Seen is a theme-title of the same period which investigates the same terrain of possibility for a simultaneously dynamic and passive action. These themes spring from the need to make visible the action of concentration in observing the beginning of the world invisible to the naked eye (this is why a simple lens, a thread counter, is placed between the observer and the world) used as a metaphor for the real action of observing oneself and projecting oneself towards an external point, maybe on the horizon, far off in the landscape. Being near yet far at the same time from two symmetrical points. Focusing on one implicates focusing on the other. The title should be at the root of the two titles, I ought to evolve their meaning concentrating them in their common matrix: to observe and be aware of this action. TO SEE OR TO BE SEEN HOW ALWAYS WHERE YOU KNOW WHERE ALWAYS HOW YOU KNOW TO SEE AND TO BE SEEN |
Matteo DonatiE' prorpio la fine delle ideologie? Basta fare e pubblicizzare un gesto forte e più o meno volgare, e diveniamo un Profeta!? Mi sto riferendo all’opera monumentale dal titolo ‘la fine delle ideologie’ fatta installare da M. Cattelan in Piazza della Borsa a Milano. E’ un inganno, sembrerebbe abbiano trovato le dita mancanti della scultura monumentale di M. Cattelan nei pressi di una discarica chiusa vicino a Chiaiano, e molto probabilmente in fase di realizzazione o in un secondo restauro dell’opera si riuscirà ad averne una visione integrale.
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Nazzareno GuiglielmiIn fondo al mare Una giornata chiara dopo tanta pioggia. Fra tanti che si libravano nel cielo ho scelto Lui. E laggiù le onde. Cantia, 2 aprile 2013 |
Dario BelliniQui, forse! / Here, maybe! Pietro Lorenzetti ha dipinto una Madonna che fissando lo sguardo negli occhi del divino bambino indica con il pollice qualcosa dietro di lei. È un gesto molto strano, per noi moderni ricorda il gesto dell’autostop. Cosa sta chiedendo Maria a suo figlio? Cosa gli indica? Dove indica? Approssimativamente qualcosa che sta fuori dal quadro? qualcosa nel passato? Perché la madre di Cristo ha necessità di porre il quesito? Perché la cosa indicata è remota? Intercede, forse. Rimanda ad una memoria precedente, ad un discorso cui basta accennare. Ad alcune circostanze. Le guide turistiche indicano sempre. Puntare il dito in avanti o dietro le spalle. Approssimativamente sembra più precisa l’indicazione se è in avanti, cioè segue o si fa seguire dagli occhi. Quando entro in intimità con l’arte mi sembra tutto più cristallino. Ma è cogliere in un punto, partire da una qualche parte. Se la forma è generica il soggetto è specifico. Ripeto da tempo che ogni parola dovrebbe contenere uno schiamazzo. E dico dovrebbe, non nel senso che sarebbe bene ci fossero ma nel senso che in effetti, probabilmente, dentro le parole o tutte le cose sono confusamente disposte molte faccende. A dipanarle c’è da sollevare un vespaio, anche se sono cosa da niente. Indicare un punto solo equivale quasi a indicare tutto. Forse è per questo che Heidegger aggiunge che è possibile farlo in rare occasioni. La migliore formulazione è: qui, forse! Appunto. Ciò che indica non pianta un chiodo ma si aggira attorno ad una circostanza, per quanto piccola. Come quando si tenta di gonfiare ancora un po’ una bolla di sapone e sulla sottilissima pellicola d’acqua si vedono correre le iridescenze del detersivo. Agganciare vuol dire entrare a farne parte. È ovvio che l’azione di misurare condiziona il suo oggetto. Tanto vale mandarlo a memoria e indicare all’indietro aspettando che lo schiamazzo sopraggiunga, pronti a caricarlo sulle spalle. Pietro Lorenzetti painted a Madonna who points to something behind her while staring at the Divine Child. It is a strange gesture, which recalls someone hitching a ride. What is Maria asking her child? What is she showing him? Where is she pointing? At something outside the painting, more or less? Something in the past? Why does the Mother of Christ need to pose this question? Why is the thing she is pointing to remote? Intercede, maybe. She is referring to a previous memory, a discourse that she merely has to mention. To a few circumstances. Guides always point. Point in front or behind you. It seems more or less precise if it is in front of you and your eyes follow the pointer. When I enter into intimacy with art it all seems more crystalline. It is necessary to gather it into a single point, to start from somewhere. If the shape is generic, the subject is specific. I have said over and over that every word should contain a clamor. And I say it should, not in the sense that it would be a good idea if there were but in the sense that probably, inside the words or the things, many things are arranged in a confused way. To unravel them means making trouble, even if they are worthless. Pointing to a single point is the same as pointing at everything. Perhaps this is why Heidegger added that it is possible to do so only on rare occasions. The best formulation is: here, maybe! Exactly. What is pointed at doesn’t become fixed but it circles a circumstance, even if it is a small one. Like when you try to blow up a soap bubble and on a very thin film of water you can see the iridescence of the detergent. Hooking up means becoming part of something. It is obvious that the action of measuring conditions its object. So you might as well memorize it and point behind you while waiting for the clamor to hasten, ready to take it upon your shoulders. |