Varie cose di natura warburghiana pensando a Schwitters.
Brandelli di immagini talvolta rimandano, an passant, a cose dellacultura artistica passata, c’è ironia? Io non la vedo, io non credo.
Sono tracce mandate a memoria,cioè mandate a sbollire tra i cimeli, tracce di nessun conto, aneddoti,cianfrusaglie, chiacchiere. I tagli geometrici dei frammenti fanno risuonare anche qualcosa di ordinato, ma vagamente, subliminarmente. Una scansione chelascia nel quasi indistinto il vaghissimo senso della parola rigore, ordine,misura, proporzione…
Prendo tutto da un solo capo e lochiamo grazia. Confusamente voglio dire.
Anche se andrebbe districato guardando al biglietto del tram o al foglietto rosa, la copertina di un quaderno, la carta di giornale… qualche parola o lettera.
Penso alla mano di Cristo che allontana la Maddalena e tiene a distanza un mucchio di faccende perché non è ancora giunto il tempo…oppure ai puntini di sospensione che non risparmio ad alcun mio testo…
Parare indietro per contenere anche. Per servirsene a parte, con calma.
Respingere tutto assieme mamirando da lontano le prolissità specifiche intraviste.
Molto estraneo tutto ciò al collage cubista, dove conta il taglio e, della linea, il farsi volume. Una cesura che promuove un’evoluzione… insomma il gioco della figura e del fondo.
Mi interessa tentare di non guardare più alla figura e, come per una strana malattia che non so se esiste,non riuscire a distinguere tra tavolo e bottiglia. Ma neanche che si intersechino o giochino a dialogare…
Penso al chiacchiericcio, senza soluzione delle parti che all’infinito dibattono la loro storia. Una mano che sbuca in alto e che ancora si accanisce a dimenticare Parmigianino o Van Eyck (chise ne frega!), un marrone bisunto che ottusamente contende spazio alle lettere NB in rosso, stampato, maiuscolo, passamaneria permettendo.
Ripeto da tempo che ogni paroladovrebbe contenere uno schiamazzo, chiacchiere insomma; ma anche ogni cosa. E,dico dovrebbe, non nel senso che sarebbe bene ci fossero ma nel senso che ineffetti, probabilmente, dentro le parole o tutte le cose, sono confusamente disposte molte faccende. A dipanarle c’è da sollevare un vespaio, uno schiamazzo appunto, anche se sono cose da niente.
Tassonomie arbitrarie.
E questo potrebbe essere il titolo…