2015 WORKING TABLEDopo la “svolta linguistica” quella “visuale”? Siamo nella “società dell’immagine”?
In un certo senso sì, soprattutto in quello impositivo: in questa società le immagini sono più presenti, ci sono proposte molto più delle parole, dei testi; guardiamo più immagini e leggiamo sempre meno. Quindi c’è un vero problema da affrontare, non è una questione solo teorica. D’altro canto questo spostamento sull’immagine comporta dei cambiamenti nella comprensione, nella cultura e nei comportamenti che non trovano più risposte nei modelli linguistici.
Ma… ma forse questa stessa questione va in realtà affrontata in modo ancora diverso, non contrapponendo visuale a verbale, ma indagando come il cambiamento nel loro rapporto reciproco sia già proiettato altrove. In questo senso il rilancio della riflessione sul “montaggio” – come ormai ci siamo abituati a chiamarlo – va nella direzione di pensare un intreccio tra verbale e visuale, dove l’uno sovverte le presunte specificità dell’altro ma al tempo stesso le compenetra e trasforma. La parola non è la didascalia dell’immagine, né l’immagine è l’illustrazione della parola, ma il loro rapporto è di creazione di altri livelli: accostamento, sovrapposizione, scavalcamento, intreccio. E allora: il “touch” forse non è solo un gesto o un’esigenza funzionale dell’interfaccia elettronico, ma un segno dello spostamento dei rapporti tra visuale e verbale; il suono non è un supplemento facoltativo alla parola scritta né la colonna sonora della rappresentazione, ma un altro livello di quel rapporto; e lo “sguardo” a cui la fotografia ci ha introdotto più di ogni altro tipo di immagini, come si situa in questi rapporti? E così via.
Cinquant’anni almeno di critica serrata della “Metafisica”, cioè del pensiero duale impostato sulle opposizioni, dà frutti più nella pratica e nella tecnologia che nella riflessione? A quando un “campo allargato” del rapporto tra verbale e visuale? Ricordate la ripresa dello schema quadrilatero poststrutturalista? Su un vertice il verbale, sull’altro il visuale, e sugli altri due? Potremmo rispondere così – parafrasando la famosa prefigurazione della svolta visuale consegnataci da Moholy-Nagy secondo cui gli analfabeti del futuro non saranno più coloro che non sapranno leggere la scrittura ma quelli che non sapranno leggere le immagini – che a seconda di ciò che metteremo nei due vertici prenderemo delle direzioni diverse nelle nostre riflessioni e scelte.
A “pictorial turn” after the “language” one? Are we living in “the image society”?
In a way we are, expecially in the way images are forced on us. In this society images are more present, they are proffered more often than words or texts; we watch more images and read less and less. Therefore, a real problem has to be tackled, it’s not just a purely theoretical matter. On the other hand, moving from texts to images implies changes in understanding, in culture and in behaviours which can’t find their answers in linguistic models anymore.
But perhaps this issue must be addressed in a different way, without setting pictorial against verbal, but investigating how the change in their relationship is already projecting itself somewhere else. In this sense the relaunch of our reflection about “editing” (as we have got used to calling it) hints at a link between verbal and pictorial, where one subverts the supposed specifities of the other one while, at the same time, permeating and changing it. Words are not captions to images, nor are images illustrations of words; their relationship creates other levels: matching, juxtaposition, combination, overtaking, interweaving. Therefore, touch technology might be not only a gesture or a functional need of the electronic interface, but a sign of the moving relationship between visual and verbal; sound is not an optional supplement to written words nor the soundtrack of what is shown but another level of that relationship; and how does “gaze” ( which photography has introduced us to more than anything else) place itself in these relationships? An so on.
Do fifty years of constant criticism of metaphysics, i.e. of dual thought conceived as a system of oppositions, bear more fruit in practice and technology than in reflection? When are we going to have an “expanded field” of the relationship between verbal and pictorial? Do you remember when the post-structuralist quadrilateral was resumed? Verbal at one vertex, pictorial at another, and the remaining two? Paraphrasing Moholy-Nagy’s famous prefiguration of the pictorial turn, when he predicted that illiterate people in the future won’t be able to read images rather than words, we could reply that we will take different directions, in our reflections and choices, according to what we will put at the two verteces.
Elio Grazioli